I tom tomS

I tom toms non derivano dai “drum fields” della banda, ovvero tamburi alti con la cordiera come il rullante e devono il loro nome onomatopeico, proprio alla contrapposizione col rullante dal suono più frizzante. Non a caso in Italia al loro apparire furono chiamati "muti" e il più grave, che solitamente sta a terra, "timpano", imparentandolo erroneamente con quello da orchestra, che ha una nota determinata e variabile ed una caldaia emisferica; il termine di floor-tom (tom a terra), usato dagli anglosassoni, è più indicato e corretto. Esistono comunque esempi di "floor-tom" cromatici, ovvero dotati di un meccanismo a pedale, che varia la tensione della pelle superiore permettendo così di variarne l' altezza durante l' esecuzione stessa. Lo stimolo ad usare anche dei tamburi muti, senza cordiera, nel set della batteria, deriva certamente dalla tradizione musicale africana, dove l'uso di tamburi ad una o più membrane e diffusissimo, anche se i primi toms apparsi sulle batterie sono di origine cinese, con il fusto a barile più o meno lungo e pelli fissate ad esso con dei chiodi e il tutto sigillato con la cera lacca. Questi primi tom, alquanto primitivi, erano appoggiati direttamente sulla gran cassa, ed erano fatalmente soggetti agli sbalzi di temperatura ed umidità,  dato che molti musicisti usavano porre all'interno dei tamburi delle lampadine, così da mantenere sempre calde le pelli, soprattutto nei locali umidi dove suonavano, oltre che ad ottenere un inedito effetto scenico, come abbiamo già visto per la cassa. Piano piano apparirono i primi supporti metallici, che permettevano di disporre i tom in maniera adeguata alle esigenze del musicista e con l' avvento dei tiranti separati e membrane sintetiche, anche i tom tom acquistano una maggiore duttilità sonora, moltiplicandosi di numero all'interno del set. Dal primo tamburello cinese appoggiato sulla grancassa, si arrivò al classico set da complesso jazz, formato da un tom sulla cassa ad uno a terra, i tom, con l' avvento del rock, diventano due, poi tre, quattro, fino a diventare un elemento importantissimo nel look del moderno batterista, soprattutto in quegli stili, come il rock, integrano con l' aspetto scenico, esigenze sonore proprie della musica suonata. In un secondo tempo si inizierà a variarne la lunghezza del fusto, per adeguarli all' esigenza di una maggior potenza sonora, usando materiali come il metallo e il fiberglass. Con l'uso di quest'ultimo anche i tom acquistano dimensioni e forme tra le più strane e sensazionali, a volte diventando strumenti del tutto nuovi come sonorità, aspetto e tecnica esecutiva.

E', per esempio, il caso dei Roto-Toms, apparsi negli anni settanta e derivati come idea di funzionamento dai tom melodici, quelli cioè con una sola membrana e per questo dotati di un intonazione più precisa. I Roto-Toms non hanno il fusto, ma presentano la membrana montata su una doppia intelaiatura metallica circolare imperniata su di una vite senza fine centrale; girando nei due sensi l'intelaiatura la membrana viene più o meno tesa, così da alzarne o abbassarne l'intonazione.

Due tom toms cinesi

Fonte: Pas oline collection

L’affollato set di Terry Bozzio. Storico batterista di Frank Zappa e grande sperimentatore.

La Flaming North Drum. Ovvero, il fiberglass al servizio dell’estro dei produttori.

I Roto Toms

Un Tom ad accordatura variabile.

Dal catalogo Hipercussion

CORSO DI batteria