LEZIONI DI BATTERIA A FIRENZE  - Per studiare la batteria con Daniele Trambusti:   lezioni.di.batteria@danieletrambusti.it

LA STORIA della batteria

LE ORIGINI

La Batteria, come strumento a se stante, inizia piuttosto recentemente, tanto da poterla connotare come il più giovane degli strumenti acustici e proprio per questo ancora in continua evoluzione tecnica ed espressiva. Possiamo far risalire la sua nascita, al matrimonio avvenuto in America durante il XIX secolo, tra la cultura africana e quella europea; in America nascono i primi “ensemble” di strumenti a percussione, grazie alla creatività dei primi musicisti Jazz. Da quel momento è iniziato un processo di adattamento alle necessità espressive, che ha portato man mano alla creazione dell’attuale batteria, così come oggi siamo abituati a conoscerla, cioè un insieme organizzato (batteria appunto - “set” in inglese) di tamburi e strumenti a percussione già esistenti e che gradatamente si sono modificati diventando parte esclusiva del “drum set”, grazie anche al contributo di musicisti che , come vedremo, applicarono il loro spirito imprenditoriale e le loro intuizioni tecniche alla nascita e alla successiva evoluzione del nuovo strumento.


L’africa

La pratica musicale africana, predilegendo l’aspetto ritmico, dava la possibilità a chiunque di esprimersi fino a comunicare letteralmente con la percussione. I gruppi di percussionisti erano composti principalmente da dilettanti che, guidati da “maestri” percussionisti, eseguivano pezzi poliritmici e talvolta polimetrici. Ogni componente del gruppo eseguiva una parte dell’arrangiamento e la sovrapposizione dei vari ritmi avveniva, per la poliritmia  con un unico tempo di riferimento e nel caso della polimetria anche su “metri” diversi creando irregolarità spesso casuale dove il “battere” o un punto di convergenza ritmica delle varie parti, dipendeva spesso dalla volontà di uno degli esecutori.

La trascrizione e l’esecuzione di uno di questi ultimi esempi potrebbe sicuramente mettere in crisi anche il più “estremo” dei cultori dei tempi irregolari. Non a caso il patrimonio della batteria moderna è ricco di esempi provenienti dalla cultura percussivo-musicale africana e poi afro-cubana.

Tutto questo fu trasportato, con la tratta degli schiavi, in America, dove le possibilità comunicative e rievocative delle percussioni per le popolazioni di colore, erano talmente grandi da indurre le autorità dell’epoca a proibire perfino l’uso e la costruzione dei tamburi, bandendo anche le manifestazioni danzanti in alcuni giorni di festa.


NEW ORLEANS

Tra gli strumenti più usati degli africani d’America a quei tempi vi erano i “log drums” (tamburi di legno scavato), il “kalengo” (talking drum - tamburo parlante, a forma di clessidra suonato con un bastone ricurvo modulando la tensione della pelle) e la washboard (l’asse per il bucato) che sfregata ritmicamente diventava un originale strumento a percussione. Chiaro che queste sono solo alcune delle innumerevoli percussioni usate la cui rudimentalità era dettata dalla povertà e la clandestinità.

Nel 1803 alla foce del Mississipi, in seguito ad una bonifica, nacque un parco dedicato alle manifestazioni bandistiche, equestri ed in seguito spazio pubblico destinato allo svago festivo: Congo Square, a New Orleans. Fu qui che gli schiavi delle città e il proletariato libero di colore venivano a ricreare atmosfere festose, miste di paganesimo, voodoo e della nuova religione dominante: il cattolicesimo. Successivamente, oltre all’uso di rudimentali percussioni imitanti strumenti africani, entrarono a far parte delle  “street band”  anche strumenti provenienti dalle bande militari, come la gran cassa, il rullante e i piatti. Progressivamente un po’ in tutti gli Usa cominciarono a fiorire le imitazioni di questi complessi tanto che pian piano tutte le feste erano allietate da bande di ottoni e strumenti a corde  accompagnati dalle percussioni. La necessaria presenza di molti percussionisti, che nei piccoli centri rurali o nei cabaret si dovevano adattare a non operare più per strada ma in spazi chiusi spesso limitati e la mancanza di fondi per pagare grandi bande costrinsero a cominciare ad accentrare su un unico esecutore, l’uso della gran cassa , del rullante e ben presto anche dei piatti.


le prime batterie

I musicisti che meglio si adattavano a suonare cassa, rullante, piatti, “wood blocks” e campanacci tutti insieme cominciarono ad essere i più ricercati. Molti trovavano lavoro anche come “effettisti” dei films muti nelle sempre più diffuse sale cinematografiche dell’epoca. Più strana e variegata era la dotazione di strumenti che riuscivano a portarsi dietro e più successo riscuotevano, iniziando, sin dalle origini, a complicarsi la vita per il trasporto del materiale (proprio come i batteristi...odierni).

Le prime batterie erano ancora molto differenti da come le vediamo oggi ma avevano già al loro centro la cassa che, essendo di quelle usate nelle bande o nelle orchestre, poteva raggiungere anche i 30” (76 cm.) di diametro. Gli altri componenti si evolsero velocemente, anche per l’inventiva e la capacità imprenditoriale di alcuni batteristi, crescendo di numero fino ad arrivare, per quanto riguarda i suoi componenti principali, alla sua veste attuale. Già ad iniziare dagli anni ’30 si vedono i primi sets a 4 pezzi: cassa, rullante, un tom sospeso e uno a terra sorretto da piccole gambe di legno. Le superfici battenti continuano ad essere fatte di pelle animale fino alla metà degli anni’50, quando un batterista figlio di immigrati italiani, Remo Belli, brevettò la prima “pelle” sintetica in Mylar, una pellicola di poliestere inventata dalla Du-Pont durante la II guerra mondiale per scopi militari e diffuso ad uso civile nel 1952. Singolare è il modo con cui il nuovo prodotto fu pubblicizzato: venne costruita un enorme gran cassa di tre metri di diametro, cosa per altro impossibile da realizzare con una pelle animale, per dimostrare l’estrema versatilità del nuovo prodotto. Con le “pelli sintetiche” fu possibile diversificare spessori, costruzione, trattamento ed in seguito anche la scelta dei materiali; nasceva l’ accordatura “diversificata” delle membrane risonanti che divennero più fini di quelle battenti, per un suono molto più potente, preciso e modulabile.

La batteria era giunta alla sua veste “moderna” .

Batteria in una Dance Ballroom negli anni ’30

Pagina di un catalogo Premier del 1937

Fonte: The Drum Archive

Leedy Ludwig black beauty- 1924 Notare il tom cinese e il piatto fissato al bordo della cassa che veniva suonato insieme ad essa.

Fonte: The Vintage Drumset Museum

Wood Temple Blocks montati insieme a due piatti e due tom

(Cat. Roger 1938)

Due tom cinesi

(Cat. Roger 1938)

Kalengo o Talking Drum

Log Drums

Washboard

Daniele Trambusti

INDICE

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Remo Belli nella famosa immagine promozionale della sua rivoluzionaria invenzione, la “pelle” sintetica in Mylar (1957).

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